Donne e finanza: un connubio quasi perfetto

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L’alfabetizzazione finanziaria o educazione finanziaria, è secondo l’OCSE, quel processo ove gli investitori
e/o consumatori potenziano le loro competenze cognitive inerenti la sfera finanziaria, come prodotti,
concetti e soprattutto rischi, incrementando le abilità al fine di fare scelte oculate, con lo scopo ultimo di
migliorare il proprio benessere economico.

In ambito accademico si può affermare che, l’alfabetizzazione finanziaria ha avuti risvolti positivi sui
comportamenti dei soggetti rafforzando la resilienza finanziaria delle famiglie, ma nel 2020, attraverso
l’indagine IACOFI, è emerso che in Italia vi è un’educazione patrimoniale ancora molto bassa della nostra
popolazione e ancora più bassa è la percentuale di donne e di giovani che si affiancano a tale educazione,
raggiungendo la maglia nera a livello europeo.

Il divario che esiste tra donne e gli uomini è notevole e si accentua maggiormente nel Mezzogiorno, una tra
le cause principali è la percentuale di perdita di lavoro più elevata tra le prime che tra i secondi.
Come mai le donne sono in ritardo nell’affacciarsi all’educazione finanziaria?
Si può affermare che in Italia, l’alfabetizzazione finanziaria, sia ancora molto carente già tra i banchi di
scuola, infatti solo uno studente su cinque possiede le basi minime per poter effettuare decisioni finanziarie
avvedute.
Questo si ripercuote anche nel mondo femminile, infatti vi è un Gender Gap (divario fra genere femminile e
maschile nel mondo) dovuto non solo alla scarsa formazione, ma anche ad una forte leva culturale che ha
allontanato, in modo sempre più progressivo, il mondo femminile da quello finanziario.

Un esempio importante si denota dal fatto che una donna su dieci, ancora oggi, non possiede un conto
corrente, si pensa quindi che faccia gestire le proprie finanze direttamente al partner o che non abbia un
proprio reddito, scaturendo una reazione a catena con ben altre conseguenze, infatti è stimato che
attualmente una percentuale del 12,5% delle donne negozia il proprio salario all’ingresso in azienda contro
il 52% degli uomini.

Nel mondo dell’imprenditoria femminile i dati mostrano come una donna alla guida di un’azienda, trovi
maggiori difficoltà ad esempio ad accedere al credito, insomma il “Fingap” – neologismo che racchiude sia
la parola “finanza” che il “Gender Gap” – è più vivo che mai.
L’ordine degli Psicologi della Lombardia, ha recentemente redatto un dossier ove le donne subiscono una
“violenza economica”, subdola e distruttiva che è frutto di stereotipi di genere, di salari e di lavoro sempre
molto attuale e di forte impatto. Le forme di discriminazione economica, limitano l’indipendenza della
popolazione femminile.

Che azioni intraprendere?
Sul territorio nazionale sono nati diversi progetti, per ribadire che la libertà di ogni donna, sia quella di
ottenere un’indipendenza economica, mettendo in evidenza che un livello adeguato di formazione non è
garanzia di maggiore esperienza a livello economico, ma certamente aiuta a colmare tale Gap.
Fare educazione finanziaria non è facile perché parlare dei “soldi”, dei propri “soldi”, non è quasi mai
semplice perché non si comprende completamente il senso se il denaro è buono o cattivo e la finalità del
suo uso.
E’ importante puntare su interventi di informazione a livello nazionale e di formazione centrati inizialmente
su docenti che avranno la possibilità di tramandare tali conoscenze finanziarie tra i vari studenti, infatti
circa l’80% della popolazione dei docenti è formata da donne, quindi un bacino di utenze particolarmente
interessante.

Secondo Almalaurea le donne si laureano in materie economiche e non solo, molto più velocemente
rispetto agli uomini e con un voto di laurea più elevato, quindi perché bloccarle durante la vita lavorativa?
Abbattiamo gli stereotipi e i pregiudizi al fine di avere tutti una maggiore consapevolezza finanziaria con un
migliore ritorno economico, all’insegna di una professionalità patrimoniale a 360 gradi.

A cura di
Marilena Mazzeo

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